AGOSTINO, LA FORZA DELLE FRAGILITÀ

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Un ragazzo schivo e riservato che con la sua forza di spirito ha condotto un intero popolo verso la gloria, simbolo di una romanità diversa, posata e accorta, preziosa nel riscuotere l’affetto e la stima di tutti, avversari compresi. Il silenzio di Agostino fa rumore ancora oggi

di Gabriele Rosatelli

Metti una dolce sera di inizio estate, mentre il sole comincia a calare regalando un po’ di pace alle antiche pietre seicentesche del Convento del Carmine di Velletri. Metti tante persone con una grande passione in comune, accorse per vivere in silenzio momenti vissuti e racconti tramandati di generazione in generazione. Metti la storia di un capitano, il capitano del secondo scudetto della Roma, piegato dal peso della vita e dalla guerra che aveva dentro. “Ago, Capitano Silenzioso”, prima ancora di una storia di sport è la storia di un uomo. Un uomo come tanti chiuso nelle fragilità che il mondo non ha saputo ascoltare, ma anche un uomo unico nel suo genere, capace di superare il tempo e le paure, infondendo in ogni tifoso romanista la capacità entrare in contatto con una persona senza aver bisogno di parole.


Un uomo come tanti chiuso nelle fragilità che il mondo non ha saputo ascoltare, ma anche un uomo unico nel suo genere, capace di superare il tempo e le paure, infondendo in ogni tifoso romanista la capacità entrare in contatto con una persona senza aver bisogno di parole

Presentato da Federico Leoni, con la partecipazione di Odoacre Chierico e Antonio Tempestilli, lo spettacolo scritto, diretto e interpretato da Ariele Vincenti fa parte del folto programma dell’Estate Veliterna ed ha ripercorso la storia di Agostino Di Bartolomei, il Capitano Silenzioso lasciato ai margini da una società che non ha saputo capirlo e fare breccia nella coltre di pensieri e angosce che hanno creato un muro tra Ago e tutto il resto. Un ragazzo schivo e riservato, lontano dai canoni del calciatore divo e fuori dalle righe, cresciuto a Roma nel quartiere di Tor Marancia, dove tra i prati delle periferie e la passione per i cinematografi iniziò a tirare i primi calci ad un pallone. Nel 1968, all’età di tredici anni, viene notato da alcuni osservatori del Milan, rifiutò tuttavia qualsiasi proposta, certo di non voler lasciare casa e la propria famiglia ad una così giovane età.


Nel 1968, all’età di tredici anni, viene notato da alcuni osservatori del Milan, rifiutò tuttavia qualsiasi proposta, certo di non voler lasciare casa e la propria famiglia ad una così giovane età

Approdò nelle giovanili della Roma, vincendo diversi titoli nazionali, per poi conquistare l’esordio in Serie A con la maglia giallorossa il 22 aprile 1973.  Nel tempo, diventato uomo, Agostino ha saputo rappresentare in giro per l’Italia una romanità diversa, posata e accorta, che ha da sempre riscosso l’affetto e la stima di tutti, avversari compresi. A dimostrazione di ciò anche la partecipazione all’evento di alcuni appartenenti al circolo laziale di Velletri, tra cui il Dottor D’Eletto che ha messo a disposizione la sua collezione di maglie storiche indossate da Di Bartolomei ed altri simboli romanisti. Tornato alla Roma, dopo una parentesi di un anno in prestito alla L.R. Vicenza, trovò continuità anche grazie alla sua grande caparbietà, che gli consentì di stringere i denti di fronte ad ogni tipo di infortunio, domenica dopo domenica, rimanendo sempre al proprio posto sul rettangolo verde. Nel tempo conquistò la fascia da capitano, al suo braccio dalla fine degli anni Settanta, con la quale portò la squadra fino allo scudetto del campionato ‘82/’83.


Trovò continuità anche grazie alla sua grande caparbietà, che gli consentì di stringere i denti di fronte ad ogni tipo di infortunio, domenica dopo domenica, rimanendo sempre al proprio posto sul rettangolo verde

Nell’estate del 1984 con l’avvento di Eriksson in panchina non venne considerato integrabile nel suo sistema di gioco, messo sul mercato si trasferì nelle fila del Milan tra gli innumerevoli attestati di affetto in suo onore da parte della Curva Sud. Nel 1987 giocò una stagione al Cesena per poi trasferirsi a Salerno con la maglia amaranto della Salernitana. Fu qui che nel 1990 disse addio al calcio giocato e affondò le proprie radici a Castellabate, paese d’origine della sua compagna. 

Nell’indifferenza di un sistema di cui aveva fatto parte fino a poco prima e nella convinzione di essere solo davanti alle sfide che l’esistenza gli pose innanzi, il 30 maggio 1994 Agostino decise di abbandonare una vita che non vedeva più sua, abbandonare un ambiente che lo aveva emarginato forse proprio per la sua incapacità di piegare la testa all’ipocrisia che regna, nel calcio in particolare. È raccontando la sua storia che lo spettacolo di Ariele Vincenti ha saputo affascinare i tanti accorsi alla Casa delle Culture, immobili e silenziosi di fronte ai ricordi di un mondo che non c’è più, raccontato da un tifoso che negli anni Ottanta visse sulla propria pelle tutte le emozioni che oggi rimangono preziosamente nascoste dietro foto sbiadite dal tempo.


Last modified: Luglio 1, 2024